La luce nella pittura rappresenta quell’elemento che concorre, insieme agli altri, a definire un dipinto in termini di costruzione, espressione e simbolo. Nel primo caso, la luce aiuta a restituire la plasticità agli elementi del dipinto, delineando forme e volumi; nel secondo caso, la luce si mostra formidabile nel creare l’atmosfera dell’immagine e suscitare una risposta emotiva da parte dell’osservatore: pace, intimità, turbamento, stupore; infine, la luce, unita all’iconografia del dipinto, può assumere valenza simbolica, mettendo in risalto o lasciando nell’ombra questo o quell’elemento.
Nel corso dei secoli, ritroviamo i seguenti schemi di utilizzo della luce:
Fonte di luce unica
Questo schema prevede che la luce possa provenire da destra, da sinistra, dal davanti o dal fondo della scena (in questo caso si parlerà di controluce). L’artista colloca la fonte di luce esternamente al dipinto (in caso contrario si parla di luce focalizzata, come spiegato sotto). Se posta di fronte o sul fondo, la luce rende l’immagine piatta, attenuandone i volumi; al contrario, se proveniente dai lati del dipinto aiuta l’artista a delineare figure e volumi. Non a caso, quest’ultimo espediente fu utilizzato nella quasi totalità delle opere da Caravaggio. Nell’artista la luce da fonte unica si esaspera divenendo luce radente e si accompagna al chiaroscuro, creando quella drammatica plasticità, quel violento contrasto tra luce e ombra, che trova nel corpo la materia perfetta per giungere al suo risultato più esaltante.