Crolla Torre dei Conti: la fragilità della Storia

Crolla Torre dei Conti: la fragilità della Storia
IlMarcheseDelGrillo, CC BY 4.0

di Pamela Stracci

ROMA, 3 novembre 2025 – Il fragore improvviso del crollo di una prima porzione della Torre dei Conti, avvenuto in pieno centro storico durante i lavori di ristrutturazione, ha squarciato questa mattina il silenzio di Largo Corrado Ricci, trasformando un cantiere di recupero in una scena di drammatico soccorso. Un secondo crollo nel pomeriggio: sotto le macerie ad ora (19.22) è ancora intrappolato un operaio di 66 anni, mentre altri due sono stati estratti vivi. L’incidente, che ha coinvolto operai impegnati nel restauro del monumento, finanziato anche con fondi PNRR, riaccende i riflettori su una verità scomoda: il restauro del patrimonio storico è un’impresa rischiosa, difficile e talvolta fallimentare.

L’uomo moderno si adopera incessantemente per sfidare l’oblio e il degrado, impegnandosi a restituire l’antico splendore a strutture che hanno resistito a secoli di terremoti, guerre e incuria. Ma l’intervento umano, per quanto guidato da scienza e amore per la storia, rimane un atto chirurgico su un corpo millenario e fragile.

Il paradosso della conservazione

La sfida è duplice. In primo luogo, vi è la difficoltà intrinseca di lavorare su materiali e tecniche costruttive non standardizzate, spesso indebolite da cedimenti strutturali invisibili. Come dimostrato dal caso della Torre dei Conti, dove un primo crollo è stato seguito da un secondo cedimento che ha travolto i soccorritori, la storia stessa nasconde trappole geologiche e strutturali che neanche le più sofisticate indagini diagnostiche riescono a prevedere totalmente.

In secondo luogo, il restauro è un equilibrio precario tra conservazione e innovazione. I progetti moderni devono integrare tecniche antisismiche e materiali compatibili con la muratura storica, evitando di imporre soluzioni troppo rigide o pesanti che potrebbero fare più male che bene. Ogni operazione di consolidamento richiede una conoscenza archeologica profonda e una capacità ingegneristica di altissimo livello per “leggere” e rispettare la malattia del tempo impressa nell’edificio.

Un atto di fede e di rischio

Gli incidenti sul lavoro, come quelli che hanno coinvolto gli operai in Largo Corrado Ricci, feriti e intrappolati tra le macerie, ricordano che la conservazione del patrimonio è un’attività ad alto rischio, un vero e proprio atto di fede nella possibilità di salvare la memoria collettiva. Le inchieste aperte per disastro e lesioni colpose dovranno accertare se il cedimento sia dovuto a un errore procedurale, a un vizio strutturale non rilevato, o semplicemente all’estrema fragilità di un monumento che, nonostante tutto, si ostina a raccontare otto secoli di storia.

Il crollo della Torre dei Conti non è solo un fatto di cronaca, ma un monito severo: i nostri monumenti sono eterni nel desiderio, ma fragili nella realtà. Il loro mantenimento richiede non solo fondi e tecnologia, ma anche una costante, umile consapevolezza della lotta che l’uomo ingaggia quotidianamente contro il tempo per preservare le proprie radici.

Un gigante medievale sui resti imperiali

La Torre dei Conti, che si erge maestosa (sebbene mutilata) al confine tra i Fori Imperiali e Piazza Venezia, non è solo una struttura medievale, ma un vero e proprio palinsesto storico che abbraccia duemila anni di storia romana. Eretta intorno al 1203 per volontà di Papa Innocenzo III della potente famiglia dei Conti di Segni, la torre era originariamente destinata a fungere da dimora fortificata.

torre dei conti roma crollo
IlMarcheseDelGrillo, CC BY 4.0

La sua architettura è emblematica del reimpiego (o “spoliazione”) dei materiali antichi: fu costruita utilizzando conci di travertino sottratti ai vicini Fori di Cesare e di Nerva, e si radicò su una delle quattro esedre in opera quadrata di tufo del sottostante Foro della Pace (I secolo d.C.). In origine, la Torre dei Conti sfiorava i 60 metri, guadagnandosi la celebre definizione di Petrarca come “Turris illa toto orbe unica” (Torre unica in tutto il mondo).

La sua storia è un susseguirsi di cadute e rinascite: fu gravemente danneggiata dal devastante terremoto del 1349, subì spoliazioni nel XVI secolo (il suo rivestimento fu riutilizzato per costruire Porta Pia), e nel tempo si ridusse agli attuali 29 metri, mutando destinazione d’uso da roccaforte a fienile. La sua permanenza, nonostante le cicatrici, testimonia la stratificazione e la resilienza di Roma.

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