Munch, Il grido interiore a Roma

Munch, Il grido interiore a Roma

di Chiara Morelli

Fino al 2 giugno, Palazzo Bonaparte ospita la mostra “Munch. Il grido interiore”, un appuntamento imperdibile per gli amanti del celebre pittore norvegese e dell’arte tutta.

Prodotta e organizzata da Arthemisia, la mostra espone oltre 100 opere, molte delle quali provenienti dal Munch Museum di Oslo. Attraversando le stanze del palazzo, il visitatore intraprende un viaggio introspettivo nella vita e nell’animo dell’artista. I corridoi diventano così il filo conduttore di un percorso che conduce nel cuore simbolico ed emotivo dell’opera di Edvard Munch, maestro dell’Espressionismo e interprete profondo delle inquietudini dell’animo umano, protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, ma anche uno dei più importanti esponenti del Simbolismo ottocentesco.

Con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura, della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma e del Giubileo 2025 – Dicastero per l’Evangelizzazione, la mostra celebra Munch con una grande retrospettiva internazionale, realizzata in collaborazione con il Munch Museum di Oslo.

Un viaggio nell’anima di Munch

Una delle mostre più attese dell’anno, noi di Quia Magazine ci siamo stati per voi lettori: vediamo le impressioni di una retrospettiva che ha registrato un record assoluto di visite nella precedente esposizione milanese.

Iniziamo col dire che il percorso si snoda in varie sale disposte su due piani del Palazzo: prendetevi almeno due ore di tempo se volete visitare in modo soddisfacente l’esposizione e soffermarvi con un minimo di meraviglia sulle opere del maestro.

Curata da Patricia G. Berman, una delle massime esperte dell’artista, la retrospettiva esplora l’intero percorso umano e artistico di Munch, dai suoi esordi fino agli ultimi tormenti. Tra i capolavori in mostra spiccano La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904). Queste opere riflettono il suo desiderio di comprendere non solo sé stesso, ma anche l’animo umano, utilizzando l’arte come strumento per indagare le profondità dell’esistenza — un’esperienza in cui ciascuno di noi può riconoscersi. Le opere testimoniano questa straordinaria capacità di Munch di rappresentare i turbamenti più intimi dell’essere umano, consolidando il suo ruolo di precursore dell’arte moderna e simbolista.

Grande assente, certo, è il capolavoro di Munch per eccellenza, quello più conosciuto anche dal grande pubblico, L’Urlo, anche se è presente una delle versioni litografiche del 1895.

Un’esperienza immersiva

L’allestimento è pensato per coinvolgere profondamente il visitatore, guidandolo in un percorso emozionale attraverso le tematiche più care a Munch: dolore, solitudine, amore e morte. Le opere sono disposte in modo da permettere una comprensione completa dell’evoluzione artistica e della complessità filosofica del suo lavoro.

100 emozioni di Munch

Le opere esposte in questa retrospettiva sono 100 e ognuna coglie un’emozione dell’autore nel suo percorso pittorico che va dal 1880 fino al 1944, anno della sua morte.

Tra le opere che mi hanno profondamente colpita nel vederla da vicino, La Morte e la Primavera del 1893 che vi invito a guardare con occhi attenti. Vedrete che questa tela è un confine incerto tra due regni. Da una parte, l’ombra lunga e sottile si distende, un nero violaceo che assorbe la luce come un lutto antico. È la Morte, non uno scheletro ghignante, ma una presenza incombente, un velo freddo che sfiora la scena, una promessa di silenzio eterno che con la sua forza silenziosa e paziente si irradia in un gelo che paralizza la speranza. Eppure fuori da quella finestra, un sussulto di colore irrompe dall’ombra. È la Primavera, fragile e tenace che inconsapevole continua il suo turno. La Primavera non oppone resistenza con furia, ma la sua stessa esistenza è un atto di sfida, una promessa di rinascita che pulsa nonostante tutto. “La Morte e la Primavera” non è solo un quadro, ma un poema visivo sulla condizione umana e vederlo così vicino fa trasparire tutta la potenza del sentimento dell’autore.

munch roma

Molto interessanti anche i paesaggi e le vedute notturne come la “Notte stellata” del 1922-24 dove viene alla mente l’omonimo quadro di Van Gogh che condivide con l’autore olandese il pensiero che tutti gli elementi della natura possiedono un’anima.

Poi lo sguardo va su “Il vampiro” che non è solo un’opera (o meglio più opere) ma il desiderio di riprodurre con diverse versioni la stessa emozione, riproponendo più volte la scena ma con occhi diversi, alla ricerca della percezione soggettiva del sentimento.

Tante le opere che è impossibile elencarle tutte, ma se volete fare un viaggio nella profonda oscurità dell’animo umano per ritrovare, pennellata dopo pennellata, colore dopo colore, i sentimenti dell’esperienza umana, questa mostra non dovete farvela sfuggire!

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