Referendum abrogativi 2025, tutto quello che c’è da sapere

Referendum abrogativi 2025, tutto quello che c’è da sapere

di Chiara Morelli

Cinque i quesiti nel referendum dell’8 e 9 giugno prossimi: uno sulla cittadinanza e quattro sul lavoro. Vediamoli nel dettaglio.

L’8 e 9 giugno prossimi, gli elettori italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari. Quattro di questi, proposti dalla CGIL, concernono tematiche relative al mondo del lavoro. Il quinto, promosso da +Europa, verte sulla riforma della legge sulla cittadinanza, con l’obiettivo di superare il principio dello ius sanguinis a favore di una maggiore inclusione.  

I seggi saranno aperti domenica 8 giugno dalle ore 7:00 alle ore 23:00 e lunedì 9 giugno dalle ore 7:00 alle ore 15:00.

La consultazione è aperta anche ai cittadini temporaneamente fuori sede che hanno presentato domanda entro il 5 maggio, ai residenti all’estero iscritti all’AIRE e a coloro che si trovano temporaneamente all’estero per motivi di lavoro, studio o cure mediche. Ulteriori info QUI

Referendum abrogativo: esito vincolante?

L’esito di un referendum abrogativo (quello previsto dall’articolo 75 della Costituzione, volto ad abrogare tutta o una parte di una legge esistente) è vincolante per il governo e per il Parlamento se viene raggiunto il quorum di validità.

Cosa significa?

Perché un referendum abrogativo sia valido, deve recarsi alle urne la maggioranza degli aventi diritto al voto (il 50% più uno). Se il quorum non viene raggiunto, il referendum non è valido e la legge rimane in vigore.

Cosa succede in pratica?

Se il quorum viene raggiunto e la maggioranza dei voti validamente espressi è per il “SI” (cioè per abrogare la legge), allora la legge o la parte di essa oggetto del referendum deve essere abrogata. Il governo e il Parlamento sono tenuti a prenderne atto e a dare seguito alla volontà popolare.

Se il quorum viene raggiunto e la maggioranza vota “NO” (cioè per mantenere la legge), la legge rimane in vigore e il governo non è obbligato a fare nulla di specifico. Tuttavia, un esito negativo può comunque influenzare le future decisioni politiche.

Nel caso dei referendum sull’8 e 9 giugno 2025, si tratta di referendum abrogativi. Pertanto, se per ciascuno dei quesiti verrà raggiunto il quorum (50% + 1 dei votanti) e la maggioranza voterà “Sì”, il Governo e il Parlamento saranno vincolati ad abrogare le relative normative.

Quesiti, votare SI o NO, le schede di voto

Sono cinque i quesiti dove i cittadini sono chiamati a esprimere il loro voto: quattro riguardano il lavoro e uno la cittadinanza. Vediamo nel dettaglio quali sono i quesiti, cosa significa votare SI o votare NO e le schede di voto in fac-simile.

I) Referendum sul Lavoro – SCHEDA VERDE

Quesito n. 1 – «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»

La prima domanda sul lavoro chiede di eliminare le regole sui licenziamenti per chi è stato assunto dopo il 2015. Oggi, se un giudice dice che il licenziamento è stato sbagliato, queste persone non vengono riassunte, ma ricevono un risarcimento in denaro (da 6 a 36 mesi di stipendio).

Se vince il “sì”, si tornerebbe alle regole precedenti al Jobs Act, quelle dell’articolo 18 modificato dalla legge Fornero. In pratica, in certi casi di licenziamento illegittimo, il lavoratore potrebbe essere reintegrato nel posto di lavoro, oltre a ricevere un risarcimento.

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»

referendum lavoro

Quesito n. 2 – «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale» – SCHEDA ARANCIONE

La seconda domanda sul lavoro riguarda i licenziamenti nelle aziende piccole, con meno di 16 dipendenti. Oggi, se un lavoratore viene licenziato senza una buona ragione, può ricevere al massimo sei mesi di stipendio come risarcimento. Questo referendum vuole togliere questo limite.

Se vince il “sì”, il giudice deciderebbe quanti soldi dare al lavoratore licenziato ingiustamente, guardando diverse cose come quanto è grave l’errore dell’azienda, quanti anni ha il lavoratore, se ha famiglia a carico e quanti soldi ha l’azienda. In pratica, il risarcimento potrebbe essere più alto di sei mesi di stipendio.

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»

referendum lavoro

Quesito n. 3 – «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi» – SCHEDA GRIGIA

La terza domanda sul lavoro riguarda ancora il Jobs Act e vuole cambiare le regole sui contratti a tempo determinato, quelli che hanno circa due milioni e 300mila lavoratori secondo la CGIL. Oggi, questi contratti possono durare fino a un anno senza che il datore di lavoro debba spiegare perché non fa un contratto a tempo indeterminato. Questo referendum vuole mettere dei limiti a questi contratti a termine.

Se vince il “sì”, le aziende dovrebbero di nuovo dire il “perché” usano un contratto a tempo determinato invece di uno a tempo indeterminato. Adesso, l’azienda non deve giustificare questa scelta, nemmeno se un giudice lo chiede.

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?»

referendum lavoro

Quesito n. 4 – «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione» – SCHEDA FUCSIA

La quarta domanda sul lavoro vuole che l’imprenditore che affida un lavoro sia più responsabile se un lavoratore si fa male o si ammala a causa del lavoro. Oggi, se succede un infortunio e il lavoratore non ha l’assicurazione (INAIL o IPSEMA), il datore di lavoro che ha dato l’incarico è responsabile insieme all’azienda che fa il lavoro. Però, la legge dice che questa responsabilità non c’è se il danno è causato da un rischio specifico del lavoro dell’azienda incaricata. Questo referendum vuole togliere questa “scappatoia”, rendendo l’imprenditore che ha dato il lavoro più responsabile in più casi.

Se si vota per il SI l’intento è quello di estendere le responsabilità all’imprenditore per una maggiore sicurezza sul lavoro, favorendo appaltatori di comprovata solidità finanziaria e in regola con le norme sulla sicurezza antinfortunistica.

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»

referendum lavoro

II) Referendum sulla cittadinanza italiana – SCHEDA GIALLA

Quesito n. 5 – «Cittadinanza italiana – Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana» 

L’obiettivo di questo referendum è rendere più facile ottenere la cittadinanza italiana. Oggi, chi vuole diventare italiano deve vivere in Italia regolarmente per almeno 10 anni. Questo referendum chiede di abbassare questo tempo a 5 anni. Se una persona ottiene la cittadinanza, poi potrebbe passarla ai suoi figli minorenni. Questa nuova regola aiuterebbe almeno due milioni e 300mila persone che vivono in Italia. In pratica, si vorrebbe cambiare una legge del 1992 che aveva allungato i tempi per chiedere la cittadinanza.

Bisogna anche sapere che spesso i 10 anni non sono davvero 10. A questi si aggiungono dei problemi burocratici che fanno aspettare anche 3 anni in più per avere la cittadinanza. Per questo, chi promuove il referendum dice che in realtà si passerebbe da circa 13 anni a 8 anni per poter fare la domanda. Il referendum non cambierebbe le altre cose che servono per diventare italiani, come sapere l’italiano, avere un lavoro stabile e non aver commesso crimini.

Quindi se si barra il SI, si riducono da 10 a 5 anni gli anni di residenza legale in Italia necessari per richiedere la cittadinanza. Barrando il SI non si modificano gli altri requisiti necessari per ottenere la cittadinanza italiana ovvero conoscenza della lingua, possesso del reddito, essere penalmente incensurati, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative relative alla sicurezza dello Stato.

Testo del quesito«Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»

referendum lavoro

Considerazioni sulla partecipazione e l’astensione al voto

In questi giorni molti esponenti politici del Governo stanno invitando gli italiani a non andare a votare ma il referendum pone 5 questiti importantisimi: sulla cittadinanza ma anche sul lavoro, sul precariato, sui licenziamenti, sulla tutela della sicurezza dei lavoratori, sulle responsabilità di committenti e appaltatori. Argomenti di tutto rispetto e importanza anche vitale.

Quindi perchè incitare all’astensionismo? 

Un passo indietro: due domande!

E’ lecito per un cittadino manifestare il proprio pensiero e quindi anche dire che non andrà a votare? SI, lo dice l’art. 21 della Costituzione «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

E’ lecito che una carica pubblica o un pubblico ufficiale, dica agli elettori di non andare a votare? L’art. 98 del Testo Unco sulle leggi elettorali dice charamente che «Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio, l’esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati o a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o a indurli all’astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000». Fate voi. 

Quindi perchè incitare all’astensionismo su temi così importanti?

Ci vogliono pochi minuti per votare e comunque la pensi (SI, NO, SCHEDA BIANCA O NULLA), non lasciare che altri decidano per te. 

Attenzione, non andare a votare NON significa votare NO, significa solo far perdere potere allo strumento di democrazia popolare per eccellenza, il referendum, secondo solo alle votazioni politiche. L’astensionismo contrasta l’iniziativa popolare referendaria che si può condividere o meno ma è democrazia.

Il tuo voto è un diritto, un dovere civico, una responsabilità verso il futuro e tutte le classi sociali, tutte quelle persone, a cui è rivolto il referendum.

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, Io voto!

Il Direttore Responsabile – Pamela Stracci

© Riproduzione riservata

Crediti fotografici  

Fonte: Ministero dell’Interno

QUIA MAGAZINE CLUB   Pubblicato l'articolo: Bill Traylor: un outsider dell'arte americana  -  QUIA MAGAZINE sfoglia la rivista -  pubbicato il focus su L'amore di Dante per Beatrice nella lettura di un sonetto della Vita Nova - pubblicata la terza unità del Corso base di Scrittura Giornalistica - pubblicato l'articolo Oltre la tela: la Lowbrow Art -  pubblicato il podcast Shakespeare, il mistero della sua scrittura  -   pubblicata la terza parte dell'audiolibro "La contessa d'Amalfi" di Gabriele D'Annunzio