Il ruolo dei monasteri tra il VIII e il XII secolo
In epoca tardoantica, vista la diffusione del cristianesimo nella società, si assiste al proliferare del monachesimo che trova il suo massimo apice tra il VIII e il XII secolo. In questo periodo prende forma in Italia una estesa rete di potenti monasteri rurali: si assiste alla fondazione di complessi importanti come Montecassino, San Vincenzo al Volturno, Farfa e così via..
Tra il VIII e il IX secolo la maggior parte dei complessi monastici non hanno uno schema comune: la disposizione degli edifici all’interno di un composito monastico dipendono da vari fattori puntuali come gli stili e le consuetudini di vita di quella comunità, le modalità di svolgimento delle funzioni ma anche dalla memoria di un personaggio di rilievo spirituale che spesso è anche incarnato dai resti delle sue spoglie mortali, dalle reliquie che quindi necessitano di essere valorizzarle come punto focale su cui costruire l’intero impianto edificatorio ecc.. In questo senso pertanto non si può prescindere, per lo studio e la comprensione di un complesso monastico, dalla visione che avevano i primi monaci edificatori di se stessi e della comunità che avrebbero accolto. Non è possibile pertanto, per i monasteri sorti in epoca altomedievale, stabilire a priori un modello comune a cui ricondurre le tipologie edificatorie.
Un esempio di quanto detto è rappresentato da Montecassino nel Lazio Meridionale. Una ricostruzione topografica possibile solo dopo le indagini condotte da don Angelo Pantoni partire dagli anni ’30 del XX secolo, poi proseguite nel dopoguerra nel corso delle ricostruzioni post belliche e ricomposta con l’opera di don Tommaso Leccisotti negli anni ’60 con il Corpus Consuetudinum Monasticarum che ha permesso di indagare i complesso di Montecassino tra il VIII e il IX secolo anche con l’ausilio della descrizione della lunga e complessa liturgia processionale pasquale che si svolgeva in quel periodo e che ha determinato l’impianto edificatorio monastico.
Solo a partire dal VIII secolo si afferma via via crescendo, una tipologia monastica che si diffonderà per vario tempo con complessi a più corpi di fabbrica che si snodano intorno ad un chiostro dove uno dei lati è occupato dal corpo di una chiesa abbaziale come ad esempio il monastero di San Gallo.
I monasteri comunque non sono strutture isolate dal resto del territorio rurale ma sono centri dove vengono praticate numerose attività oltre quelle di tipo religioso – sicuramente preponderanti – come la preghiera e la meditazione cristiana.
Le produzioni culturali sono quindi un altro importante contributo al quale i monasteri si dedicano: la lettura, copiatura e la conservazione dei testi antichi sono operazioni che hanno contribuito a far arrivare sino a noi le cronache – le storie – delle comunità sorte attorno al monastero.
Ma anche l’artigianato le cui produzioni sono ampiamente documentate in campo archeologico, come le sue officine temporanee specializzate sorte necessariamente con la edificazione del monastero stesso: sono un esempio quelle per la produzione delle vetrate finemente decorate delle abbazie, per le forgiature dei metalli per realizzare strutture ed elementi di arredo come lampadari ecc..
Accanto a queste officine temporanee sorsero poi laboratori e botteghe artigiani stabili che producevano materiali di consumo per la vita del monastero. Mi riferisco a oggetti di ceramica (piatti ecc.), lavorazione di avorio o osso per la produzione dei fragili stili da scrittura e della pergamena necessari per la redazione dei libri liturgici, delle cronache ecc.
A San Vincenzo in Volturno è per esempio ampiamente documentata la fase di passaggio dalle officine temporanee coeve l’impianto edificatorio del VIII secolo, necessarie alla costruzione del monastero (come quelle per la produzione di tegole, di vetri e della campana per la costruzione della basilica) e quelle per il mantenimento e l’ampliamento della struttura, dovuto anche all’aumento di prestigio e di funzioni del complesso (con la produzione a partire dal IX secolo di smalti, avori, vetri ecc.).
Ma non solo: anche sul fronte dei commerci i monasteri hanno un ruolo fondamentale nel territorio rurale come centri di scambio e vendita di grandi quantitativi di merci come le derrate agricole.
Ma ancora un ruolo fondamentale i monasteri lo assumono nella gestione e riorganizzazione delle proprietà che si traduce con una vera e propria opera di modifica del paesaggio rurale con opere di deforestazione, dissodamento, ristrutturazione o creazione di aziende agricole per la gestione e difesa dei possedimenti ecc..
Un ruolo quindi, quello dei monasteri, di vero e proprio nucleo organizzativo della vita nelle campagne su cui ruotava sia la sfera religiosa che le altre attività della comunità e punto di riferimento delle attività produttive e aggiungerei stimolo per un sempre crescente sviluppo tecnologico legato alle diverse aspettative dei monaci e della comunità.
di Pamela Stracci
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Crediti:
Abbazia di San Gallo Di Johann Jaritz / CC BY-SA 4.0, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2413770