Ubuntu: io sono perché siamo

Ubuntu: io sono perché siamo

In alcune culture dell’Africa sub-sahariana esiste una pratica conosciuta con il nome di “Mbuki-mvuki” o “Kuomboka” che consiste in questo: se qualcuno all’interno della comunità commette un errore, gli abitanti del villaggio si riuniscono in cerchio intorno alla persona e passano giorni a ricordarle tutte le buone azioni che ha compiuto nella sua vita. 

Un comportamento che in una società, la nostra, sempre pronta a puntare il dito contro chi sbaglia, qualsiasi sia l’entità dell’errore, può sembrare assurdo e criticabile ma che in realtà ci destabilizza e ci irrita: chi sbaglia deve pagare sembra essere l’adagio sul quale moduliamo il nostro comportamento. In realtà la nostra irritazione nasce da un pregiudizio ossia, pensare che la cerimonia praticata dai popoli subsahariani sia un modo per giustificare l’errore. Non è così. 

La comunità, che si considera come un unico essere, riconosce l’errore dell’individio e in qualche modo se ne assume la responsabilità. Ricordando alla persona le proprie buone azione, permette a questa di riflettere sull’errore commesso e di crescere, e conseguentemente far crescere l’intera comunità. L’individuo si ricorda di essere capace di fare del bene e di quanto sia apprezzato per questo. Così capisce e si riconcilia con gli altri e con se stesso. La cerimonia quindi non usa la punizione per correggere l’individuo ma lavora affinché la persona senta nuovamente il richiamo del bene e il desiderio di dare il proprio contributo al benessere collettivo. Questa pratica meravigliosa rientra nella filosofia conosciuta con il nome di Ubuntu, un termine che nelle lingue bantu significa all’incirca “Io sono perché noi siamo” e sottolinea l’interconnessione e l’interdipendenza di tutti gli esseri. Riconosce
che la nostra esistenza e il nostro benessere sono legati al benessere degli altri, e che il nostro cammino è condiviso. Non possiamo raggiungere la piena realizzazione individuale senza prendersi cura degli altri e contribuire al miglioramento della comunità.

I principi fondamentali dell’etica Ubuntu possono essere riassunti in:
– Condivisione e collaborazione: Ubuntu promuove la condivisione di risorse e conoscenze per il beneficio di tutti. Questo implica un atteggiamento di generosità e solidarietà verso gli altri membri della comunità.
– Compassione e rispetto: Ubuntu richiede un rispetto profondo per la dignità di ogni individuo. Ci si aspetta che le persone siano gentili, comprensive verso gli altri, riconoscendo che ognuno ha una propria storia e una propria sofferenza.

– Responsabilità collettiva: Ubuntu mette in evidenza la responsabilità che abbiamo verso gli altri e verso la società nel suo complesso. Ognuno di noi ha il dovere di contribuire alla vita comune e di sostenere coloro che sono in difficoltà.

A questo sarebbe facile rispondere che nella nostra società la filosofia Ubuntu è di difficile applicazione visto per come è organizzata. Ma chi decide come organizzare la propria comunità? Ecco, questa è una domanda sulla quale bisognerebbe riflettere, cercando, differentemente da come facciamo, di pensare per una volta in piccolo. Come dice un proverbio zulu, “Umuntu ngumuntu ngabantu” – “Sono una persona grazie ad altre persone”.

Amate e siate felici,
Il vostro Kansha

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